Benedetto da Norcia

Editrice Queriniana - 2012

 7,50

Pochi conoscono la vita e l’opera di Benedetto da Norcia (480-547 circa). Con lo stile che gli è consueto, il benedettino Anselm Grün disegna in queste pagine i tratti del grande santo italiano che, scrivendo la Regola e dando vita all’ordine religioso che da lui ha preso il nome, ha esercitato un influsso incommensurabile sulla civiltà europea.(Leggi tutto)

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Pochi conoscono la vita e l’opera di Benedetto da Norcia (480-547 circa). Con lo stile che gli è consueto, il benedettino Anselm Grün disegna in queste pagine i tratti del grande santo italiano che, scrivendo la Regola e dando vita all’ordine religioso che da lui ha preso il nome, ha esercitato un influsso incommensurabile sulla civiltà europea. Il suo messaggio rimane vivo e attualissimo. Dalla quarta di copertina: Molti amano ascoltare il gregoriano cantato dai monaci o hanno visitato con ammirazione l’abbazia di Montecassino o le rovine di Cluny. Ma pochi conoscono sul serio la vita e l’opera di Benedetto da Norcia (480-547 circa). Eppure il santo italiano, dando vita all’ordine religioso che da lui ha preso il nome, ha esercitato un influsso paragonabile a pochi altri sulla civiltà europea. Il popolare detto che gli viene attribuito, «ora et labora», è da secoli fonte di ispirazione per la spiritualità e la vita quotidiana. Benedetto ha formulato norme di vita di estrema chiarezza e saggezza nella sua Regola, che hanno affascinato molti uomini e donne fino ad oggi: lì egli propone la moderazione negli affari della vita, l’ordine della condotta quotidiana, assegna priorità alla vita interiore e alla liturgia il ruolo di fonte di tutto l’agire.
 
INTRODUZIONE
Quando mi presento a tenere delle conferenze vestito da monaco, le persone spesso mi domandano a quale ordine io appartenga. Quando rispondo che sono un benedettino, sentendo questa parola i più riescono a farsi un’idea. Ma che i benedettini traggano il loro nome da san Benedetto da Norcia (480-547), è qualcosa che soltanto in pochi sanno. A differenza di san Francesco o di sant’Ignazio è difficile che qualcuno conosca ancora san Benedetto. Eppure questi è il «padre d’Europa», il «patrono d’Europa»; con questi titoli lo ha onorato papa Paolo VI. Si tratta soltanto di titoli onorifici o Benedetto è ancora oggi portatore di un messaggio per i popoli europei? In passato l’Europa pullulava di monasteri benedettini. Molte città sono sorte intorno a essi, come per esempio Fulda e Goslar, Monaco di Baviera e Salisburgo. I turisti ammirano le rovine di Cluny o i monasteri che si sono conservati a San Gallo o a Reichenau. Il gregoriano cantato dai monaci benedettini viene oggi nuovamente apprezzato, e la riforma liturgica del concilio Vaticano II risente dell’influsso dei monasteri benedettini. Benedetto ha dunque ancora oggi qualcosa da dirci? Come benedettino posso ovviamente soltanto rispondere: sì, egli ha un messaggio per il nostro tempo. Il mio rapporto con Benedetto è segnato da trentotto anni di appartenenza all’abbazia benedettina di Münsterschwarzach. Già all’età di dieci anni sono entrato nella scuola del monastero, e quindi fin da bambino sono stato impregnato dello spirito benedettino.
Il mio atteggiamento verso Benedetto e la sua Regola, tuttavia, è sempre cambiato nel corso degli anni. Dopo una prima fase di entusiasmo venne la disillusione e, nel periodo del noviziato, la Regola non mi toccava granché: in essa c’era qualcosa di fortemente estraneo, testimonianza di un tempo oramai passato. Quattro anni dopo l’entrata in monastero vi fu la rivolta studentesca del 1968 che non passò senza lasciare traccia anche lì. Non ci trovavamo più d’accordo con tante ‘vecchie usanze’ e ci ribellavamo contro for malismi antiquati. Eravamo insicuri su quale significato po tesse ancora avere nel nostro tempo il monachesimo benedettino. Così, insieme ad altri confratelli inquieti, andammo per altre strade. Praticammo la meditazione zen, c’iscrivemmo a corsi di dinamica di gruppo, andammo a Rütte da Graf Dürckheim per riscoprire lì il corpo come partner del nostro cammino spirituale. Soltanto l’incontro con il monachesimo buddista e la psicologia junghiana ci permise di accedere nuovamente alla ricchezza spirituale del monachesimo di Benedetto e alla sua saggezza psicologica. Avevamo cercato in modo nuovo il significato della Regola, e dopo tutti i dubbi sulla nostra scelta di vita ritrovammo nuovamente il piacere di vivere come benedettini e di rispondere alle domande del nostro tempo nello spirito di san Benedetto. A noi novizi e giovani monaci era allora posta davanti agli occhi un’immagine ben definita di san Benedetto: quella di un padre severo e buono al tempo stesso, ma che rimaneva lontano, inavvicinabile. Era l’immagine del grande liturgista, per il quale era importante soprattutto la liturgia festiva e la bellezza dei canti corali.
Non avevamo alcun rapporto con la sua personalità, i suoi sentimenti, le sue inquietudini. Era un’immagine idealizzata così come era stata creata dalla restaurazione benedettina nel XIX secolo. Dovemmo prima gettare a mare questa immagine per poter incontrare nuovamente l’uomo Benedetto. Per questo studiammo il monachesimo prima di Benedetto, l’esperienza spirituale e psicologica dei monaci del deserto che, nella solitudine, hanno percorso il cammino della radicale conoscenza di sé e la ricerca intensiva di Dio. Tre elementi ci aiutarono a scoprire la figura umana di Benedetto: l’esperienza del monachesimo primitivo, la prassi della meditazione orientale e lo studio della psicologia, soprattutto della psicologia del profondo di Carl Gustav Jung. Benedetto divenne importante per noi come maestro spirituale, come uomo che ci mostrava concretamente un percorso di esercizio spirituale e che ci faceva scoprire la via interiore nella ricerca personale e comune di Dio.
All’evidenza con cui si è indagata la storia dei monasteri benedettini e si è scritto su essi, corrisponde l’oscurità nella quale, in fondo, rimane la figura storica di Benedetto. Egli, infatti, sembra nascosto nell’oscurità della storia, tanto che dal punto di vista puramente storico non è molto quello che si può dire sulla sua vita. Esistono però due fonti importanti alle quali possiamo rifarci. La prima è la Regola che Benedetto stesso ha scritto: in essa possiamo trovare non soltanto il cammino spirituale che, ora come un tempo, ci attrae, ma possiamo anche incontrare la personalità del santo. E l’altra è la biografia spirituale di Benedetto, grazie alla quale siamo a conoscenza dello sviluppo del suo cammino interiore: i Dialoghi di papa Gregorio Magno.

Anno

2012

Numero Pagine

170

ISBN

9788839967954 PDF

Codice prodotto

EDGT24088

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